Danni da fauna alla coltivazioni: Coldiretti chiede di aprire alcune oasi all’esercizio venatorio

Grido d'allarme delle imprese agricole e zootecniche della provincia di Forlì-Cesena

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Un appello diretto alle istituzioni regionali e locali – in primis all’Assessorato all’Agricoltura, Caccia e Pesca, al Dirigente del Servizio regionale Attività Faunistico-Venatorie – ma anche al Prefetto della provincia di Forlì-Cesena, affinché si adottino provvedimenti urgenti e necessari alla tutela delle produzioni agricole e zootecniche locali, ormai totalmente alla mercé di cinghiali e selvatici.

L’appello in questione, che punta anche ad accelerare un incontro chiarificatore tra le parti, è firmato da Presidente e Direttore di Coldiretti Forlì-Cesena, rispettivamente Andrea Ferrini e Anacleto Malara, e muove dalle crescenti proteste delle Aziende agricole associate a seguito dei sempre più diffusi e consistenti danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole situate in particolare nelle zone di protezione della fauna e ad esse contigue.

“La situazione – denuncia il Presidente Ferrini – ha assunto dimensioni assolutamente intollerabili aggravate dalla confusione con la quale in questi ultimi mesi sono state gestite le azioni e i finanziamenti per la cosiddetta ‘prevenzione’”. Secondo Coldiretti, infatti, “la vigente pianificazione/gestione faunistico-venatoria in capo alla Regione e, operativamente agli ATC, tra incertezze e lacune – oltre a non riuscire a ricondurre il problema danni entro i limiti di accettabile sopportazione – ha generato forte smarrimento tra gli imprenditori agricoli, vittime di una situazione che non hanno minimamente contribuito a creare”.

Sta di fatto che, in particolare per le aziende (agricole/zootecniche) situate in aree agricole interne e/o limitrofe alle zone di protezione della fauna selvatica, la convivenza è diventata impossibile. Zone di protezione che comprendono anche le cosiddette oasi di protezione della fauna selvatica che su una superficie agro-silvo-pastorale provinciale di 223mila ettari, occupano circa 13.173 ettari (il 5,91%) che diventano 47mila (21%) se alla superficie delle oasi sommiamo quella del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, riserve naturali, zone di riproduzione, fondi chiusi e sottratti.

Le oasi in questione si trovano all’interno dei 4 comprensori omogenei in cui è suddivisa la nostra provincia. Ebbene, i problemi maggiori, come testimoniato da agricoltori e allevatori, si hanno nelle zone interne o vicine alle oasi di Montetiffi, Rio Cozzi, Careste e Tornano. Qui i cinghiali, insieme a volpi e lupi, banchettano pressoché indisturbati e il fenomeno interessa ormai anche la pianura. E sempre qui, davanti alla strage quotidiana di campi e pascoli messa in atto da ungulati e selvatici, imprenditori agricoli ormai esasperati e impotenti fanno la conta dei danni. Gli indennizzi erogati dal 2012 ad oggi per danni da fauna alle coltivazioni nell’ambito delle oasi di protezione sfiorano i 245mila euro (elaborazione Coldiretti su dati 2017 STACP FC), cifra ovviamente arrotondata per difetto dato che, ormai sfiduciati anche a causa della burocrazia, agricoltori e allevatori non sempre denunciano le perdite subite. Il dato inoltre non comprende tutti i danni subiti dalle aziende limitrofe alle oasi che per le specie cacciabili sono di competenza degli ATC. Un conto piuttosto salato se consideriamo che le oasi di protezione, come detto, occupano appena il 5,91% della superficie agro-silvo-pastorale provinciale, sulla quale – negli ultimi 10 anni – si sono contati in totale danni da fauna, accertati, per una cifra lorda superiore ai 2 milioni di euro.

Non essendo possibile, ad oggi, conoscere i numeri effettivi delle uscite realizzate per effettuare i cosiddetti piani di controllo – dati questi non ancora disponibili nonostante una nostra richiesta di accesso agli atti – sappiamo tuttavia che le situazioni più ‘drammatiche’ si registrano nelle oasi di Montetiffi – 120mila euro di indennizzi negli ultimi 5 anni, con una media di 20mila euro/anno – e Magliano, 40mila euro totali. “La Regione punta prioritariamente sulla ‘prevenzione’ ma gestita a modo suo: a tale proposito, come da sempre sostenuto – afferma la dirigenza Coldiretti FC – la prevenzione non può essere indistintamente praticata in ogni azienda agricola/zootecnica senza prima considerare alcuni aspetti che possono essere di ostacolo, quali l’estensione dei terreni da proteggere, le colture praticate e la loro redditività, la morfologia del territorio, la manodopera aziendale disponibile ed il volume di manodopera necessaria per l’installazione e la manutenzione in efficienza di recinzioni, apparecchiature e quant’altro previsto. Emerge da questo punto di vista anche un problema di risorse evidenziato dall’esito del recente ‘bando PSR sulla prevenzione’ che per numero di adesioni e volume di investimenti previsti pone in risalto implicitamente la dimensione del fenomeno ‘danni all’agricoltura’ che da tempo denunciamo. Infatti, nonostante molte aziende ancorché esposte seriamente al rischio danni non abbiano aderito al bando per le ragioni sopra elencate, i dati oggi noti dicono che le richieste di fondi presentate sono in fortissimo esubero rispetto allo stanziamento previsto: domande per 8,8 milioni di euro contro un budget iniziale di circa 1,5 milioni circa e di ulteriori 2 milioni in una seconda tranche.La dimensione del problema danni registrati in varie Aziende agricole prossime ad altrettante oasi di protezione (Montetiffi, Magliano, Tornano, Careste, ma anche nelle altre) evidenzia inequivocabilmente anche i forti limiti dell’attività di controllo della specie cinghiale all’interno delle oasi stesse gestite dagli ATC che a questo proposito evidenziano in primis le limitazioni previste per l’esercizio di tali attività di controllo imposte dall’ISPRA, ma anche dalla morfologia del territorio, dai vincoli circa la destinazione della carne dei capi abbattuti, ecc. ecc.. I numeri in nostro possesso relativi ai piani di controllo, seppur parziali perché viziati dalla mancata diffusione dei dati relativi alle uscite, ci dicono che tra 2012 e 2014 nell’oasi di Montetiffi sono stati abbattuti 70 cinghiali, in quella di Careste appena 9, Magliano 7″.

Nella dovuta azione di tutela degli interessi delle Aziende rappresentate, Coldiretti richiama dunque le istituzioni regionali e provinciali interessate alle loro specifiche responsabilità chiedendo, nell’ambito delle norme esistenti, ‘il reale e concreto impegno per l’adozione di provvedimenti urgenti di tutela delle produzioni agricole e zootecniche e avanza, senza alcun indugio, la richiesta che alcune oasi di protezione faunistica siano aperte all’esercizio venatorio stante l’evidente fallimento gestionale e considerata l’impossibilità da parte dell’Ente pubblico che le ha istituite di garantire la effettiva, completa e sicura gestione da parte dei soggetti affidatari in un quadro di salvaguardia degli interessi generali delle parti coinvolte fra cui, preminenti, le Aziende agricole. Non va inoltre sottovalutato il problema della sicurezza stradale rispetto alla quale le cronache locali e nazionali registrano sempre più spesso incidenti, anche gravi, causati da investimenti di selvatici. Se fortunatamente niente di grave da questo punto di vista si è verificato fino ad oggi nelle nostre zone, il problema non può essere sottovalutato anche per rispondere ad una legittima esigenza di sicurezza di coloro – agricoltori/allevatori, ma anche gli altri cittadini – che vivendo lontani dalle zone urbanizzate, sono costretti a spostarsi con continuità sulla rete viaria che percorre le nostre colline e montagne.

“Quello dei cinghiali e dei selvatici – puntualizza il Presidente Coldiretti Ferrini – è un problema che mette a rischio non solo la sopravvivenza delle nostre aziende agricole, ma anche la biodiversità, l’assetto idrogeologico e quindi lo stesso ecosistema, senza dimenticare il rischio per la sicurezza stradale e le preoccupazioni sul profilo sanitario con la possibilità non certo remota di contagi degli animali allevati. Occorre, dunque intervenire seriamente per controllarne la diffusione mediante efficaci e applicabili politiche di controllo, indispensabili per la tutela delle imprese agricole, prime vere sentinelle e custodi del territorio”.

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