Morte Pantani, la Cassazione: “la tesi dell’omicidio è solo congettura e improponibile”

Le motivazioni della conferma dell'archiviazione per la morte del 'Pirata' in un residence di Rimini, rigettando i ricorsi dei genitori

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La tesi di “omicidio volontario compiuto da ignoti” e’ “improponibile e congetturale” e gli “indizi a disposizione” hanno portato alla conclusione che “la vittima si trovava da solo nella stanza e che era impossibile per terzi accedervi”. Lo sottolinea la prima sezione penale della Cassazione, spiegando perche’, nello scorso settembre, ha rigettato i ricorsi dei genitori di Marco Pantani, che si opponevano all’archiviazione della seconda indagine sulla morte del ciclista, disposta dal gip per “infondatezza della notizia di reato”. 

Erano stati proprio i genitori del campione, trovato morto a Rimini il 14 febbraio 2004 in una stanza del residence ‘Le Rose’, a chiedere di riaprire l’inchiesta sul decesso del figlio, ipotizzando, in un esposto presentato nel luglio 2014, che si fosse trattato di omicidio. 

I genitori del ‘Pirata’, nel loro esposto, sostenevano che la morte del figlio non fu causata da una “accidentale, eccessiva, ingestione volontaria di cocaina precedentemente acquisita”, ma si tratto’ di un “omicidio compiuto ad opera di ignoti, realizzato costringendo l’atleta ad ingerire una dose mortale di cocaina, a cui si era accompagnata l’alterazione dello stato dei luoghi prima dell’intervento delle forze dell’ordine”. Il gip di Rimini, invece, nel disporre l’archiviazione del fascicolo, come chiesto anche dalla Procura, “escludeva – si ricorda nella sentenza depositata oggi dalla Cassazione – la possibilita’ che ignoti si fossero potuti introdurre nella stanza al di fuori della vittima”, ed evidenziava “l’irrilevanza degli elementi di sospetto introdotti” dai familiari con il loro esposto – la presenza di tre giubbotti nella stanza, il disordine, una carta di gelato, l’ora segnata dall’orologio, il ‘bolo’ di droga presente vicino al cadavere – definendoli “privi di valenza indiziaria”.

Secondo il giudice, “in base alle risultanze medico-scientifiche e a quelle investigative – ricorda la Suprema Corte – la causa della morte trovava ragione nello stato tossico-depressivo in cui versava Pantani, condizione questa che lo aveva condotto negli ultimi mesi all’uso smodato di cocaina a cui si era associato l’effetto dei medicinali assunti che avevano determinato una grave insufficienza cardiaca acuta”.

I genitori del ciclista, nei loro ricorsi in Cassazione, avevano definito la motivazione del gip “apparente, priva dei requisiti minimi di coerenza e concretezza per rendere necessari per rendere comprensibile l’iter logico del ragionamento giudiziario, che si pone in violazione del principio del contraddittorio e che in alcuni punti ha travisato le reali risultanze degli atti di indagine”. I giudici di piazza Cavour, pero’, hanno dichiarato inammissibili i ricorsi, mettendo in evidenza che il “provvedimento di archiviazione risulta legittimamente emesso dal giudice per le indagini preliminari, che ha valutato con ampiezza di argomentazioni, in 13 pagine, gli elementi indicati dagli opponenti e ha dato per ciascuno di essi una spiegazione non manifestamente illogica, indicando la ragione per cui gli indizi a disposizione – si legge nella sentenza depositata oggi – unitariamente considerati, portavano alla conclusione che la vittima si trovava da solo nella stanza e che era impossibile per terzi accedervi, cosi’ che le evidenze disponibili rendevano improponibile e congetturale la tesi di un omicidio volontario compiuto da terzi”. 

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