Festival di Sanremo: tra le Nuove Proposte in gara la cantautrice cesenate Marianne Mirage

"Amo le mie imperfezioni", dice di sé la 26enne che presenterà il brano "Le canzoni fanno male"

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Una montagna di ricci da cui spuntano due occhi azzurri, vivi e penetranti, un sorriso senza paura. “Potrei stirare i capelli, potrei togliere la fessura tra i miei denti, potrei sottostare alle regole imposte. Ma preferisco essere me stessa, preferisco le diversità e le imperfezioni all’omologazione”. Si presenta così Marianne Mirage, 26enne originaria di Cesena, che sarà tra le otto Nuove Proposte del prossimo Festival di Sanremo. 

Il brano che porta è Le canzoni fanno male. “Non è una canzone mia, ma l’ho fortemente voluta quando l’ho sentita. E’ di Francesco Bianconi (Baustelle, ndr) e Kaballà. Racconta l’effetto che ci fanno le canzoni che portiamo nel cuore e parla dell’amore ma con disincanto. E’ l’urlo della bambina che c’è dentro di me. Ha uno sguardo maschile e mi piaceva che fosse una donna a cantarla”, racconta la cantante romagnola, che ha sempre rifiutato di fare i talent (“non mi appartengono”), ma strizza l’occhio al cinema (“ho fatto qualche piccola parte. Sorrentino mi deve un caffè per avermi scartata all’ultimo provino per The Young Pope, ma comunque non rinuncerei mai alla musica”).

Cantautrice “da quando sono bambina”, ha già alle spalle un disco uscito lo scorso anno (Quelli come me) e tanta esperienza live anche all’estero. “A 16 anni ho cominciato a girare l’Europa. Io e la mia chitarra. Suonavo per strada, sotto la metropolitana, in qualche locale: ho imparato tanto e se non avessi firmato per Sugar forse ora sarei ancora a Londra”, racconta Marianne (“come la Marianna di Francia, o Marianne Faithfull. Il cognome invece l’ho scelto perché quando sono sul palco vorrei che fosse una sorta di miraggio”), che scrive i suoi testi in inglese e poi li traduce in italiano, perché, spiega “suonano meglio, e poi lo fa anche Elisa”.

L’amore per i viaggi, la curiosità per ciò che la circonda, lo sguardo attento al prossimo, li ha ereditati dai genitori. Un padre pittore e marinaio che da bambina la portava per settimane in barca, una madre fisioterapista che ha lavorato con i bambini con disabilità, anche in Africa. “L’idea del viaggio per me nasce da lì, dal loro esempio. In barca eravamo noi tre, viaggiavamo in solitudine. Forse per quello ancora oggi non mi pesa star da sola”. Le piace raccontare le donne, il loro lato un po’ ferito. “Penso a Edith Piaf, a Billie Holliday, al loro modo disperato di rappresentare una storia. Ma anche a Jim Morrison, a Rino Gaetano, a Franco Califano. Ora che ci penso… tutti un po’ dannati”.

Il 10 febbraio, in pieno festival, uscirà il suo nuovo Ep che ha lo stesso titolo del brano sanremese e comprende altre 4 canzoni che coniugano il mondo pop, soul, r’n’b e black dell’artista romagnola. “Trovo che il primo album fosse più acerbo musicalmente rispetto a questo Ep. Sento di essere nella direzione giusta e sto già lavorando su un nuovo disco vero e proprio”, racconta la cantautrice giramondo aggiungendo di essere “un’accentratrice. Voglio avere il controllo su tutto”. Ed è per questo che disegna da sé anche le copertine.

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