Al Congresso della CISL Romagna i sindaci-presidenti accettano la sfida lanciata dal sindacato

Presenti al Congresso cislino: Lucchi, Drei, de Pascale e Gnassi si dicono favorevoli - con qualche distinguo - all'ipotesi di "Provincia Romagna" come "Ente Unico".

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Nell’occasione più unica che rara – come ha sottolineato lo stesso sindaco di Rimini – di trovare tutti e quattro riuniti i sindaci delle più importanti città romagnole, la sede del 2° Congresso della CISL Romagna, in corso di svolgimento a Cesena, nei padiglioni della ‘Fiera’, ha fatto da scenario al dibattito tra Michele de Pascale (Ravenna), Paolo Lucchi (Cesena), Davide Drei (Forlì) e Andrea Gnassi (Rimini) sulla proposta avanzata, nella sua relazione, dal segretario generale uscente, Filippo Pieri, per la costruzione (anche istituzionale) dell’area vasta romagnola.

 

 

L’intervento del sindaco di Cesena

Il primo a prendere la parola, per ovvi motivi di ospitalità, è stato il sindaco di Cesena, Paolo Lucchi l’unico a non ricoprire anche l’incarico di presidente di Provincia. «Saluti non formali – ha detto – perché è il momento di prendere degli impegni precisi. Lo dobbiamo – ha continuato Lucchi – verso coloro che sono poveri». 

«Mi piacciono i congressi, celebrare il ‘rito’ del confronto di idee perché è un modo per affrontare con serietà la crisi di rappresentanza che non è solo il frutto di scetticismo e populismo ma, anche, del senso di solitudine di fronte alle nuove povertà. La categoria – ha concluso il sindaco di Cesena – non è scomparsa. È ancora presente: a Cesena oggi, sono 1.900 le famiglie povere, quando sono arrivato 8 anni fa erano 750 e non credo sia soltanto colpa mia!».

 

Gnassi: «Non è più tempo di geometrie variabili»

Andrea Gnassi parla nella sua veste di presidente della provincia di Rimini iniziando con il dire che «non è più tempo di geometrie variabili» nelle scelte di adesione o meno ai progetti dell’area vasta romagnola. Si dice d’accordo con la richiesta di Pieri «ma – dice Gnassi – occorre superare la fase degl interventi emergenziali. Come si fa a garantire servizi per la comunità se è in crisi la finanza pubblica? Se il Welfare è in crisi per la fiscalità che non basta più a finanziarlo è necessario trovare nuove vie».

 

«Mancano le risorse – afferma – per continuare a garantire i bisogni tramite lo Stato da solo. La sfida, dunque, sta nel cambiare schema. Un esempio è l’ipotesi di un Welfare di Comunità dove un assistente sociale che si occupa di una persona anziana in un condominio, si occupi anche di provvedere alla ‘spesa’ delle famiglie in condizioni di disagio di quel condominio atraverso il Banco Alimentare e le infinite risorse del nostro volontariato». Parla d’inserire elementi di Welfare nella contrattazione Gnassi tenendo però, sempre presente che «il mondo, ormai, si divide in esclusi ed inclusi. Quando sono arrivato a fare il sindaco – dice Gnassi – ero un riformista ma, nel tempo, son dovuto diventare rivoluzionario per non arrendermi al populismo; per trovare le risorse, per provare a reinserire gli esclusi, è necessario aggredire i cambiamenti. Occorre – afferma – pensare che ha ragione Bill Gates quando parla di “tassazione dei robot” ma anche a come risolvere il problema di tassare chi, da San Francisco, fa profitti a Rimini con una piattaforma come Airbnb».

 

Ecco allora che il ‘Patto per la Romagna’ che Gnassi chiama «Progetto Romagna deve – conclude – svilupparsi sul alcuni ‘driver’ a partire dalle infrastrutture e dalla ricerca di forme innovative di investimento produttivo».

 

Per il presidente della provincia di Forlì-Cesena,

Davide Drei la costruzione del «Sistema Romagna, di fatto, è già partita. La costituzione della AUSL di area vasta e il nuovo sistema di trasporto pubblico romagnolo ne sono la prova più evidente. Occorre, però – richiamando un concetto già espresso da Gnassi – che non solo le scelte siano uniformi ma che, anche gli interlocutori lo siano.

 

de Pascale: «Ente Unico non rinviabile»

L’intervento del presidente della provincia e sindaco di Ravenna inizia con una battuta: «Quando si parla per ultimi o si dice che non si è d’accordo con nulla di quello detto da chi ha parlato prima oppure si cerca di essere più brevi possibili. Per questo – afferma – dico che l’Ente Unico non è più rinviabile ma, nello stesso tempo, è bene chiarire che l’Area Vasta non è la somma dei programmi dei 73 sindaci romagnoli. Per questo è necessario che la base dell’Unione sia l’accettazione delle priorità che si accetti, cioè, il principio che gli investimenti siano mirati solo verso alcune aree».

 

Secondo de Pascale, insomma, «passi avanti se ne fanno solo se tutti sono disposti a cedere un pezzo di sovranità. Fermo restando che la risposta ‘Romagna’ non è banalizzabile né comprimibile. Romagna non può essere (solo) gestione di strade e scuole ma l’Ente Unico deve diventare il ‘piano strategico’ di tutta la Romagna».

 

Per concludere il suo ragionamento, il presidente de Pascale sui affida ad un esempio: «Unire la Romagna significa anche cambiare il modo con cui si fa “fronte comune”. Significa iniziare a rispondere tutti insieme ai giornali – tutti, nessuno escluso – che, ad esempio, parlando di sanità affermano che si fanno investimenti dappertutto in Romagna meno che nella città che, di volta in volta, viene presa a riferimento».

 

 

 

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