Festa Unità Ravenna. Lezione di politica e umanità dal presidente Mujica, che infiamma il pubblico

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Sala Aldo Moro stracolma ieri sera, giovedì 31 agosto, alla Festa Nazionale dell’Unità di Ravenna, per l’intervento di Josè Alberto “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay. Il variegato popolo della sinistra si è assembrato all’interno, occupando ogni angolo disponibile – più di mille persone – e all’esterno, fino a raggiungere gli stradelli laterali: l’arrivo di Mujica sul palco è stato accolto con applausi scroscianti e cori da stadio che intonavano “Pepe, Pepe!”, neanche fosse una rockstar: segno che di personaggi “veri”, perché capaci di interpretare con l’esempio della loro vita le parole che spendono nei comizi, a sinistra ne sentono un gran bisogno.

E lui ha impiegato quasi 45 minuti dell’abbondante ora del suo intervento per pronunciare la parola “sobriedad”, sobrietà, concetto del quale ha fatto uno stile di vita che lo ha reso un simbolo in tutto il mondo. Mujica è per tutti il “presidente povero”, quello che ha vissuto con il 10% dello stipendio che l’Uruguay gli riconosceva per la guida del Paese (qualcosa come poco più di 800 euro al mese), devolvendo il resto ad organizzazioni umanitarie e persone bisognose del popolo. Una lunga attesa prima di tirarla in ballo apertamente, la sobrietà, anche se il concetto ha aleggiato con evidenza in ogni sua frase, dall’inizio alla fine dell’intervento.

L’incontro con il presidente uruguaiano, come ricordato nella presentazione, è stato fortemente voluto dal segretario pro tempore del Pd Maurizio Martina, che ha introdotto Mujica con poche brevi parole e tanti ringraziamenti alla sua gente, quella delle Feste dell’Unità, che con spirito di comunità fa politica tra una tombola e un piatto di cappelletti, perché ha ancora valori importanti da vivere e condividere, “che arricchiscono non solamente il proprio partito ma la democrazia tutta del Paese”.

 

Un Pd che, nelle parole di Martina “si trova ad un guado molto difficile e necessita di trovare nuove ispirazioni”. Se per trovarle partisse proprio da Mujica e dalla sua sobrietà, verrebbe quasi da dire che nel buio della crisi il Pd può nutrire speranza.

Tante le “parole d’ordine” ripetute più volte durante l’ora e dieci dell’intervento del presidente e applaudite fino a spellarsi le mani dagli astanti: utopia, speranza, lotta per l’uguaglianza, e poi alcuni concetti che parevano graditi anche all’ala di sinistra del Movimento 5 Stelle – almeno fino all’approdo al governo, ora chissà -, come cambiamento, vivere con coerenza, vicinanza al popolo, ecologia e riciclo, rappresentanti del popolo che hanno il dovere di vivere come i governati. Questo senza dubbio è stato il punto più apprezzato dal pubblico di Mujica.

“Alla lunga – ha detto il presidente – dovremo affrontare questa sfida: fare in modo di vivere come si pensa, altrimenti finiremo per pensare a come vivremo. Vivere coerentemente al proprio pensiero è qualcosa che non si può chiedere alla destra, dobbiamo chiederlo alla sinistra”.

“Bisogna avere coerenza – ha aggiunto tra l’ovazione del pubblico -, chiedere con chiarezza e fermezza alla nomenclatura che ci rappresenta, che si modernizzi e ci modernizzi, che viva in modo chiaro, che non faccia politica per accumulare soldi e ricchezza, ma per servire il proprio popolo”.

Articolato è stato il discorso dedicato all’analisi della società, per comprendere le cause originarie che hanno portato alla debacle della sinistra in tante parti del mondo. “Quando ero giovane – ha spiegato Mujica – pensavo che la sinistra dovesse lottare per il potere. Noi abbiamo combattuto per cambiare i rapporti di forza nella produzione e nella distribuzione della ricchezza. Oggi che sono vecchio penso che il ruolo di quella che chiamavamo sinistra progressista stia nella lotta per la civilizzazione umana. Non si cambia un sistema senza cambiare la cultura che lo sostiene”.

 

 

Quella che lui ha chiamato la cultura del mercato, che spinge a consumare e consumare, in un circolo inarrestabile di bisogni e desideri è per Mujica il vero toro da prendere per le corna, la vera illusione con cui il capitalismo, le destre e le forze reazionarie della società, mantengono la maggioranza della gente in schiavitù, alimentando le proprie posizioni di rendita, oggi come ieri.

“Il dio mercato – ha spiegato – richiede che noi compriamo e compriamo, accumuliamo debiti e paghiamo per tutta la vita, ci paghiamo anticipatamente anche la sepoltura. È il trionfo del consumismo, dei suoi valori che entrano nelle nostre case e nelle nostre menti in maniera subdola, ci avvolgono come una ragnatela, da cui è molto difficile liberarsi. Si tratta di una cultura funzionale al sistema, ma che ci inganna”.

Ecco dunque, per Mujica la sobrietà intesa come vera rivoluzione politica, come diretto attacco al cuore del sistema, alle illusioni che lo sostengono e lo alimentano. Sobrietà, ci ha tenuto a sottolineare il presidente, non intesa come “apologia della povertà” ma come “intelligenza di dar valore alle cose importanti della vita che sono mogli, mariti, figli, amici, compagni”, le relazioni in definitiva. È la “capacità di vivere con quello che è necessario, senza sprechi, in un gesto di solidarietà con le generazioni che verranno” e nel rispetto dell’ambiente perché “la natura non produce rifiuti, sono gli uomini a farlo”.

Dell’economia che si intreccia con la cultura capitalista e con l’ecologia e il rispetto per l’ambiente ha parlato ampiamente Mujica nel suo lungo ed appassionato monologo, ricordando che la crescita infinita in natura non esiste: “l’albero più alto misura 115 metri, quello più vecchio ha 4700 anni, ma se si diffonde la notizia che in un Paese il Pil è in calo, sembra una tragedia”.

 

 

“Tutto ha un limite – ha aggiunto -, anche l’accumulo della ricchezza dell’uomo deve averlo. Oggi siamo in 7 miliardi e mezzo sul pianeta, tra 50 anni saremo 9 miliardi. Se pensiamo che l’economia mondiale negli ultimi 50 anni è cresciuta di 50 volte, per reggere al ritmo a cui la popolazione cresce, dovrebbe crescere di oltre 200 volte nei prossimi 50 anni. È idiota, è stupido credere di poter vivere tutti come gli americani o i tedeschi, il mondo non resisterebbe a questi ritmi. Vi stanno mentendo, giovani!”.

E poi ha concluso, con una delle sue frasi più celebri: “Noi non compriamo con i soldi ma con il tempo di vita che ci è costato guadagnarli. E in nessun supermercato si vende vita. Per essere felici dobbiamo dedicare tempo ai nostri affetti e non diventare macchine per pagare conti. Cari compagni, queridos compañeros, ricordiamoci che il mondo non si fa cambiare facilmente, resiste. Ma il nostro compito è quello di istillare nella gente la speranza che un giorno non si sa quando, nei prossimi 50 anni forse, avremo una civiltà migliore, che sarà come un “pan dulce”.

Dobbiamo lottare per un mondo migliore, che dia felicità alle persone, e ciò che dà felicità non sono le cose, ma il tempo libero che dedichiamo alle persone”. 

E poi il saluto finale sottolineato da un lungo caloroso applauso.

Claudia Folli

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