Confronto a Festa dell’Unità di Ravenna. Landini (Cgil): serve un governo di svolta. Orlando (Pd): abbiamo evitato una deriva autoritaria

Più informazioni su

Nel giorno decisivo delle consultazioni al Quirinale per la crisi di governo, in cui ha preso forma la possibilità di un governo giallo-rosso M5S-Pd guidato da Giuseppe Conte, tanta gente è arrivata alla Festa nazionale dell’Unità di Ravenna per ascoltare il confronto fra Maurizio Landini segretario generale della Cgil e Andrea Orlando vice segretario nazionale del Pd. Il tema del dibattito di ieri sera 28 agosto era “Per l’Italia del lavoro” e di lavoro si è parlato, certo, ma alla fine tutti volevano sapere soprattutto cosa stava succedendo per quanto riguarda la crisi di governo. E i due protagonisti non si sono sottratti alle domande sul tema.

Grande la sintonia fra il leader della Cgil e il vice di Zingaretti, sia sulle questioni del governo sia sui temi del lavoro. Maurizio Landini ha scaldato la platea e strappato scroscianti applausi con la sua proverbiale foga da tribuno del popolo. Andrea Orlando è apparso più freddo e distaccato, più ragionatore, ha scaldato meno i cuori e le mani del pubblico. Si è mostrato molto cauto sulla questione del governo e ha parlato più volte di possibilità, di tentativo, di sfida. Lasciando trasparire tutte le preoccupazioni dei democratici per la delicata fase politica che si è aperta e lasciando anche capire che la strada non è affatto in discesa e che l’incarico a Giuseppe Conte da parte del Presidente della Repubblica non significa soluzione del problema del governo giallo-rosso.

Maurizio Landini

 

MAURIZIO LANDINI

Il segretario generale della Cgil ha ribadito più volte la necessità di un cambiamento delle politiche economiche del governo e non solo rispetto all’esperienza del governo giallo-verde, di cui ha sottolineato il fallimento: l’economia è ferma, la precarietà del lavoro non è stata ridotta, i salari segnano il passo così come gli investimenti. Landini ha ricordato le critiche dei sindacati – e non solo della Cgil – alle politiche del governo M5S-Lega e la piattaforma con le rivendicazioni sindacali messe a punto, sottolineando che le richieste avanzate al governo giallo-verde saranno avanzate anche al possibile governo giallo-rosso. A dire che i problemi sul tappeto sono noti e i sindacati si aspettano che i governi finalmente li affrontino, di qualsiasi colore essi siano.

Fra grandi applausi, Landini ha scandito che il sindacato non ha governi amici o nemici e che le uniche due discriminanti chieste al governo della Repubblica sono di essere antifascista e antirazzista. Per il resto il sindacato si aspetta che il governo faccia politiche buone per l’economia e il lavoro, contro la disoccupazione e il lavoro precario, contro l’evasione fiscale e per gli investimenti, e così via. E valuta ogni governo per quello che fa.

Il leader della Cgil giudica positiva la convocazione di Conte al Quirinale per l’incarico, perchè l’Italia ha bisogno di un governo che governi, ma al nuovo governo che verrà chiede una forte discontinuità, una svolta, non solo rispetto al governo giallo-verde ma anche rispetto a quelli precedenti, compresi evidentemente quelli a guida Pd (altri applausi).

Una svolta necessaria in un paese dove l’87 delle entrate Irpef sono pagate dai lavoratori e dai pensionati mentre ci sono 120 miliardi di evasione fiscale. Per questo “non si deve fare la flat tax con una riduzione delle tasse per tutti, ma una riduzione fiscale mirata che aiuti i lavoratori e i pensionati”. E per Landini vanno bene anche i vantaggi fiscali per le aziende, purchè questi diventino “investimenti nelle stesse aziende e in Italia e non soldi portati all’estero”. Combattere l’evasione fiscale è una priorità fondamentale, dice, “per trovare le risorse per fare ripartire gli investimenti e per creare lavoro”.

Da un governo di svolta Landini si aspetta anche che “cambino le politiche del mercato del lavoro” e si metta mano al Jobs Act (e qui l’applauso è stato fortissimo) di renziana memoria. Renzi è una specie di convitato di pietra: non è mai citato né da Landini né successivamente da Orlando, ma quando entrambi parlano di “discontinuità” rispetto alle recenti esperienze di governo del centrosinistra parlano soprattutto di lui.

Landini parla di Renzi senza citarlo anche quando attacca sulla questione del confronto fra le parti sociali e della rappresentanza sindacale, chiedendo rispetto da parte della politica per i 12 milioni di iscritti ai sindacati confederali “che rappresentano qualcosa”. Dice che bisogna ricostruire le relazioni, il confronto, luoghi e canali di partecipazione e che prima di prendere le decisioni di politica economica la politica deve discutere con il sindacato: “perchè quando si prendono certe misure bisogna sempre ascoltare gli interessati e mettersi nei panni di chi quelle misure riguardano”.

Sull’Europa Landini dice che l’Italia deve fare la battaglia per cambiare la politica sui migranti e la politica economica e sociale. Sul populismo sostiene che si può battere facendo una politica che affronti i problemi concreti delle persone.  Sul Salvini che chiede i pieni poteri Landini dice parole dure e precise, ricordando che l’Italia ha una Costituzione che non è compatibile con l’idea di un uomo solo al comando che chiede i pieni poteri.

In definitiva, Landini è contento della fine del governo giallo-verde (per le sue politiche sbagliate o insufficienti come sulla lotta alla povertà o sulle pensioni) e guarda con un certo favore alla possibilità di un governo giallo-rosso, ma è pronto a presentare il conto: se nascerà, il nuovo governo dovrà cambiare strada rispetto a quelli precedenti e il sindacato poi giudicherà sui fatti. Insomma, non farà sconti.

Andrea Orlando

 

ANDREA ORLANDO

L’intervento del vice segretario Pd Andrea Orlando è tutto improntato alla cautela. Parla di una trattativa difficile, si dice preoccupato e non dà affatto per scontata la formazione di un governo M5S-Pd, a partire dalla spinosa questione di Premier e Vice Premier su cui ribadisce: “non debbono essere dello stesso partito”.

La trattativa è difficile, precisa Orlando “perché abbiamo di fronte persone che pensano che il governo degli ultimi 14 mesi sia il migliore che l’Italia abbia mai avuto” e perché naturalmente democratici e grillini vengono da anni di accuse reciproche durissime.

Sugli incarichi di governo il vice segretario Pd usa una metafora cinematografica ed è chiaro: “Non possiamo entrare in un governo a fare gli spettatori, né possiamo rivedere lo stesso film, con un Premier arbitro fra due partiti e due Vice Premier”. Secondo Orlando Conte deve dirigere l’azione del governo e in questo si fa anche garante del M5S. Da qui l’idea che non ci possa essere un suo vice grillino.

Parla del tentativo serio del Pd di dare un governo all’Italia attraverso un accordo con i Cinque Stelle, un tentativo responsabile, generoso, importante perchè – aggiunge – “l’Italia ha rischiato una deriva autoritaria che speriamo la formazione del nuovo governo possa interrompere”. Ma prosegue Orlando: “non basta mettere nell’angolo Salvini, non basta costruire un governo contro, occorre fare un governo per” e su questo punto scandisce che il nuovo governo deve produrre una svolta, una discontinuità vera. Orlando è d’accordo con Landini sulla portata di questa svolta: la discontinuità non può essere solo rispetto al governo giallo-verde ma anche rispetto alle precedenti esperienze del centrosinistra. 

E Orlando si spinge oltre nell’autocritica, parlando di superare le logiche neoliberiste che hanno guidato le politiche economiche e sociali di tutti gli ultimi governi, anche Pd, dice che occorre superare la centralità del mercato e della finanza e rimettere al centro della politica le persone e i loro bisogni.

Poi elenca i 5 punti fondamentali che sono stati e sono la bussola che orienta i Democratici nella trattativa con i Cinque Stelle per formare il governo.

Primo punto: l’Europa. Il governo giallo-verde ha “portato l’Italia all’isolamento in Europa” mentre la Lega è addirittura accusata attraverso suoi uomini di “avere un’intelligenza con la Russia di Putin che vuole chiaramente disintegrare l’Europa”. L’Italia del governo giallo-rosso deve restare in Europa e provare a cambiarla insieme a Francia, Germania, Spagna. Sia per quanto riguarda la politica sui migranti. Sia per quanto concerne la fine della politica dell’austerità.

Secondo punto: la centralità della democrazia rappresentativa. Quindi un no deciso e definitivo all’idea dell’uomo solo al comando con i pieni poteri, evocata da Matteo Salvini. La deriva autoritaria che Orlando spera di avere scongiurato.

Terzo punto: restituire umanità alla politica. Perciò deve cambiare la politica sui migranti: “È inaccettabile che uno sia multato perché salva una vita umana” ha detto Orlando, aggiungendo: “Basta con la politica del capro espiatorio, per cui ogni problema che abbiamo è colpa dei migranti. Basta con la campagna elettorale permanente sulla pelle dei disgraziati.”

Quarto punto: la manovra economica, che non sarà una passeggiata dopo gli errori dell’ultimo governo. “Per questo il capitano coraggioso è scappato” ha detto Orlando sferzante. La politica economica del futuro governo, secondo Orlando “deve essere fatta all’insegna della redistribuzione della ricchezza” perché sono cresciute le disuguaglianze e le povertà. E il populismo è cresciuto con esse, alimentando lo scontento popolare e di questo nutrendosi. E poi ha aggiunto che una cosa è certa: “Di flat tax non si parlerà più.”

Quinto punto: un’Italia green. Perché le emergenze climatiche e il futuro del pianeta riguardano tutti, qui, ora. Non è più una questione che riguarda le generazioni future.

Orlando chiude con una domanda retorica: c’era un’altra strada possibile? Cioè, c’era un’alternativa al tentativo di costituire un governo giallo-rosso?

L’alternativa erano le urne, questo Orlando non lo dice, ritenendo che questa alternativa non fosse evidentemente praticabile o fosse addirittura infausta. “Non potevamo andare al voto anticipato con un Pd ancora fragile, rischiando di consegnare l’Italia alle destre” ha detto in sostanza Orlando. La trattativa con i Cinque Stelle era un passaggio obbligato, un tentativo assolutamente necessario. Potremmo anche non riuscirci – si schermisce l’esponente Pd – ma “ci stiamo provando seriamente nell’interesse dell’Italia”.

Orlando chiude lodando il lavoro di Nicola Zingaretti, ricordando la sua abnegazione e il suo unico interesse per il futuro dell’Italia e del Pd. Senza interessi o mire personali. A marcare la differenza rispetto ad altri.  A chi si riferisse Orlando non si sa con esattezza, ma non è difficile immaginarlo.

Pubblico
Pubblico

Più informazioni su