Ivan Simonini: La riedizione del capolavoro “I superflui” occasione unica per celebrare il Centenario di Dante Arfelli

Di un altro Dante importante, non solo per la Romagna ma per la letteratura universale, ricorre in questo 2021 il Centenario. È Dante Arfelli, nato nel marzo 1921 a Bertinoro (città che custodisce il suo archivio), vissuto da giovane a Cesenatico (città che custodisce la sua tomba) e morto nel dicembre 1995 a Ravenna (città che lo ha ospitato nella vecchiaia).

Il suo romanzo “I superflui” (prima edizione Rizzoli 1949) fu subito un caso letterario clamoroso e l’edizione americana giunse a vendere oltre un milione di copie nel corso di un decennio fino all’ultima ristampa economica con nuovo titolo: “The girl of the roman night”.

Non molto diversamente il secondo romanzo, “La quinta generazione”, del 1951.

Lo straordinario successo all’estero procurò ad Arfelli la sorda invidia delle cupolette letterarie neorealiste dell’Italia del suo tempo, le quali, in verità, non gli perdonarono di essere un autore ideologicamente controcorrente e gli costruirono attorno in patria un mai dichiarato ma impenetrabile cordone sanitario. Ciò indusse Arfelli a smettere di pubblicare per evitare di scendere a compromessi “con se stesso scrittore” e salvaguardare la propria identità autoriale anche al prezzo della più assoluta solitudine, come ben colse l’amico Enea Casagrande: “Umile e superbo, capì che il futuro stava dileguando e, consapevole di essere tra i chiamati ma di non poter corrispondere all’appello, si è seduto sulla riva del fiume, ma si è messo di lato, quasi per non vederlo scorrere”.

Soltanto l’affettuosa insistenza di quella “lima sorda” di Mario Lapucci lo convinse – dopo 25 anni di autoreclusione – ad affidare i suoi racconti alle Edizioni del Girasole che gli pubblicano nel 1975 “Quando c’era la pineta” e poi gli atti delle Giornate di Studio “Per Dante Arfelli” tenutesi a Cesenatico nel 1988. Nel 1993 è la volta di “Ahimè, povero me!”, pagine di diario affidate a Marsilio e nel 1996 de “I cento volti della fortuna”, cronache dalla Casa di Cura San Francesco ancora affidate alle Edizioni del Girasole e uscite postume nel 1996. Postuma uscirà anche una prima selezione dei testi inediti custoditi nell’Archivio Arfelli (nel frattempo ceduto dagli eredi al Comune di Bertinoro): si tratta de “La luce che non illumina”, edito nel 2008 dal Girasole e contenente tra l’altro, oltre a un testo teatrale precedente a “I superflui”, la parte più significativa del carteggio intrattenuto da Arfelli con Alba de Cèspedes, Corrado Alvaro, Marino Moretti, Mario Pomilio, Carlo Sgorlon, Alberto Bevilacqua, Michele Prisco, Massimo Franciosa, Andrea Zanzotto e altri mostri sacri della sua epoca.

Ora, sulla base degli accordi intercorsi con la Famiglia Arfelli e con le Edizioni del Girasole di Ravenna, una giovanissima ma ambiziosa casa editrice romana, rfb (reader for blind) ripubblica il capolavoro di Dante Arfelli a oltre settant’anni di distanza dalla prima edizione e ripromettendosi di rilanciare anche altri testi dell’illustre scrittore romagnolo. La nuova edizione de “I superflui” (titolo d’esordio della nuova collana “Le polveri” dedicata alla riscoperta dei classici contemporanei) sarà nelle librerie a giorni.

Penso che un tale avvenimento sia un’occasione d’oro per i tre Comuni “arfelliani” (Bertinoro, Cesenatico, Ravenna) al fine di organizzare, con il coordinamento della Regione Emilia-Romagna, almeno una giornata pubblica di Celebrazione del primo Centenario della nascita di Arfelli, per ricordare degnamente questo singolare scrittore, unico nel panorama culturale del secondo dopoguerra e il cui messaggio è ancora attualissimo. Anzi, è sempre più attuale oggi, quando la terribile avventura pandemica ci rende tutti un po’…“superflui”.

Oltre alla presentazione della riedizione del capolavoro (in tutti e tre i Comuni e in date diverse e distanziate da concordare con l’editore), su cosa prevedere per questa giornata celebrativa pubblica c’è solo – credo – l’imbarazzo della scelta. Basterebbero tre eventi, dislocati nei tre Comuni, nello stesso giorno ma in orari diversi (mattina, pomeriggio, sera). Ad esempio: la pubblicazione di un catalogo ragionato dei materiali dell’Archivio Arfelli, un breve ma intenso convegno nazionale sul ruolo di Arfelli nella cultura italiana nel secondo novecento, una teatralizzazione di testi arfelliani. Ma si potrebbe fare molto di più: il personaggio (che Davide Brullo ha ieri acutamente definito su Pangea “il Camus italiano”) lo merita.

Ivan Simonini