Lucchi (Legacoop): le imprese stanno reagendo all’alluvione, ma il governo ha preso sottogamba i problemi della Romagna e mette pochi soldi

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Legacoop Romagna associa circa 380 imprese delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, con un valore della produzione di oltre 6 miliardi di euro, oltre 300mila soci (incluse tutte le tipologie di soci: lavoratori, produttori, consumatori) e circa 24mila lavoratori. Si tratta di una fetta importante dell’economia romagnola (circa il 20%), con un ruolo fondamentale sul piano sociale.

A fine ciclo di assemblee di bilancio delle cooperative e dopo le alluvioni di maggio – che hanno colpito circa una cooperativa su quattro, 100 su 380 – abbiamo chiesto a Paolo Lucchi, dal 3 febbraio 2023 alla guida di Legacoop Romagna, di fare un bilancio dell’anno appena trascorso e delle prospettive del movimento cooperativo.

Paolo Lucchi

L’INTERVISTA

Presidente Lucchi, finita la campagna delle assemblee di bilancio 2022, qual è lo stato di salute delle cooperative Legacoop Romagna?

“Mediamente la situazione è positiva, con differenze tra i diversi settori e con un dato di previsione che ci fa pensare. Perché anche le cooperative che hanno presentato un bilancio 2022 particolarmente positivo, hanno segnalato le difficoltà del 2023. Penso ad esempio alle CAB, che hanno presentato bilanci 2022 buonissimi, tra i migliori degli ultimi anni, ma che quando li presentavano tra maggio e giugno – dopo l’alluvione – avevano già chiaro che quel risultato non si sarebbe potuto ripetere nel 2023 per via dei campi allagati.”

Quali sono stati i settori più in difficoltà nel 2022?

“Le cooperative più in difficoltà sono quelle di ambito sociale. C’è un problema che stiamo segnalando da anni: è quello della bassissima remunerazione di questo tipo di lavoro, anche per via di un contratto che è particolarmente penalizzante per i dipendenti e per i soci. La remunerazione di questi servizi, che vengono fatti per conto dei Comuni o indirettamente per conto del Sistema Sanitario Regionale, si basa su tariffe inadeguate da molti anni, e stiamo discutendo di questo con la Regione e con i Comuni.”

Si tratta di un paradosso, anche perché c’è sempre più richiesta di lavoro in ambito sociale.

“Esatto. Ma d’altra parte dobbiamo decidere che cosa fare di questo sistema socio sanitario da qui ai prossimi anni. Abbiamo un’aspettativa di vita che si è molto allungata, c’è un sistema di prestazioni che nel frattempo si è invece molto indebolito, con una sanità che ha costi che sono ben al di là della possibilità di reggere, come ha segnalato la Corte dei Conti. In questa fase le cooperative hanno fatto da ammortizzatori, però iniziano ad essere in difficoltà.”

Invece quali sono i settori economici andati meglio nel 2022?

“L’agricoltura certamente. Ma è come vedere una fotografia in bianco e nero e una a colori. La prima dice che il 2022 è andato bene, la seconda è con un punto interrogativo, dopo l’alluvione. Gli altri settori positivi sono quelli dei servizi. Nel nostro caso quelli di pulizie e quelli di supporto al sistema ospedaliero sono andati bene. È andato molto bene il sistema della grande distribuzione Coop e Conad. Bene anche il sistema della produzione industriale e le cooperative agroalimentari. Oltre al loro dato specifico, c’è un altro dato generale che va rimarcato a partire dal buonissimo esito di Macfrut di Rimini: c’è un interesse per la nostra agricoltura nazionale e in particolare per quella emiliano-romagnola che arriva ormai da gran parte dei paesi del mondo, e questo è molto positivo.”

Alluvione Cab

Dicevamo prima che la fotografia cambia se parliamo del 2023. Voi avete avuto 100 cooperative colpite dall’alluvione in tutta la Romagna. Si parlava di un monte danni di circa 48-50 milioni. Quali sono le previsioni per il dopo alluvione?

“Le previsioni sono difficilissime per il settore agricolo, di ripresa invece per il settore industriale. Penso alla Deco o alla Fruttagel che pure sono state molto colpite. Le imprese industriali sono ripartite, stanno lavorando a pieno regime. Anzi, utilizzeranno il mese di agosto per recuperare una parte dei magazzini che sono andati sott’acqua. Il problema è che, ad esempio, per i 3 milioni di danni di Deco da un lato c’è l’aspettativa di recuperarli completamente – così ha dichiarato la Presidente del Consiglio, con l’obiettivo degli indennizzi al 100% – ma dall’altro ad oggi ci sono pochissime risorse messe a disposizione. Non c’è neppure la modulistica per fare le richieste dei danni. Quindi la preoccupazione è grande.”

E per il settore agricolo?

“Avendo l’agricoltura dei cicli di ripresa completamente diversi rispetto agli altri settori, non basterà qualche mese per capire com’è andata e cosa succederà. Ci vorranno per lo meno due anni. È questa la ragione per la quale chiediamo che ci sia una moratoria sui mutui che possa durare almeno 24 mesi. Purtroppo oggi le norme europee non lo consentono, come ci ha spiegato nei giorni scorsi il Presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Bisognerà lavorare insieme a tutti i livelli affinché l’Unione Europea conceda la possibilità di una moratoria a lungo termine come quella per il Covid. La differenza è che quella per il Covid riguardava tutta l’Europa, in questo caso il problema ce l’abbiamo solo noi in Romagna.”

Come sistema cooperativo avete messo in atto anche forme di solidarietà, per esempio quella di cui avete dato notizia l’altro ieri della Cooperativa Agricola Cesenate che ha assunto per due mesi 16 lavoratori delle cooperative di Ravenna più colpite dall’alluvione. Si parla sempre della cooperazione come forma di solidarietà, in questo caso la solidarietà si è proprio materializzata nella maniera più esemplare.

“È così, noi abbiamo usato tutti i tasti del pianoforte. Da questa forma di solidarietà fra coop agricole, che è giusto mettere in luce, alla solidarietà diretta sui singoli progetti come per l’asilo di Zerocento che è andato sott’acqua e deve essere recuperato. Dal supporto dato alle coop bracciantili in tutti i modi da cooperative ed aziende di tutta Italia, al supporto garantito da Conad che ha messo a disposizione 300 mila euro per 5 progetti dei comuni di Cesena, Forlì, Lugo, Faenza e Cervia. Un altro progetto scatterà a breve da parte della Fondazione Conad. Un milione e mezzo sarà distribuito sui territori da parte di Coop già nelle prossime settimane. Non dimentichiamo il Fondo di Solidarietà che abbiamo creato per i dipendenti e i soci delle nostre cooperative che hanno subito danni. Insomma, la tastiera l’abbiamo usata per intero e questo dà l’idea di come i valori della cooperazione siano valori non solo raccontati, ma praticati ogni giorno.”

Alluvione Agricoltura

Ha fatto un po’ scalpore nei giorni della grande emergenza la scelta della Cab Terra di allagare i terreni. Ma va ricordato che lo stesso hanno fatto altre cooperative per salvare pezzi di territorio o di città. Ma in fondo non è un fatto così strano, no?

“No, non lo è. Loro ci sono abituati. Ci sono stati centinaia di ettari di terreno delle cooperative bracciantili della provincia di Ravenna allagati, sono diventati le casse di colmata del territorio. I dirigenti delle CAB non hanno fatto una piega, hanno capito benissimo. La sintesi vera è: meglio che si allaghino i terreni piuttosto che le case e le persone. In questo modo hanno sacrificato il lavoro di un anno, perché in agricoltura va così. Ma era giusto farlo.”

Voi non siete molto soddisfatti – già prima lei lo diceva – su come stanno andando le cose del dopo alluvione, in particolare per le risposte che finora ha dato il Governo. L’avete detto e scritto nei documenti in modo molto chiaro.

“Noi fatichiamo a contenere la tensione. Intanto ci sono stati tempi di reazione totalmente inadeguati da parte del governo. In Romagna ci siamo tirati su le maniche. I ragazzi sono andati a spalare il fango. Ovunque i cittadini, centinaia di cittadini, hanno garantito solidarietà, le imprese si sono aiutate tra di loro. I Romagnoli si sono messi in moto con i tempi giusti, cioè subito, per rialzarsi. Il governo no, ci ha messo settimane solo ad emanare il decreto e a individuare il Commissario straordinario, ma ha messo a disposizione risorse totalmente inadeguate.”

Su questo voi siete molto netti. Perché?

“Beh, abbiamo una stima di 9 miliardi di danni e quelli messi finora a disposizione sono due e mezzo. Figliuolo sta iniziando ora a girare la Romagna, come è giusto che sia, perché è una persona seria e capace, ma ad oggi non c’è neanche la modulistica per fare la richiesta dei danni. Stanno arrivando i primi supporti ai cittadini, di 3.000 euro. In molti casi quei supporti sono niente per persone che hanno perso tutto, la casa, l’auto, giornate e settimane di lavoro. I 3-5.000 euro messi a disposizione sono un’inezia: come si fa ad andare avanti così, dicendo che prima o poi qualcosa si sistemerà?! E non c’è ancora nulla per le imprese. Il governo deve garantire un salto di qualità vero e ci deve essere un impegno simile a quello che è stato garantito per il terremoto in Emilia.”

Per esempio?

“Faccio un esempio per tutti: il decreto del governo prevede che Figliuolo faccia il commissario straordinario per un anno, mentre i 2,5 miliardi sono per tre anni. Al netto di questa incongruenza, la struttura commissariale di Figliuolo è formata per decreto da 60 persone, mentre la struttura commissariale per il terremoto dell’Emilia era formata da 1.000 persone. Con la differenza che mentre in quel caso il cratere era di poche decine di chilometri quadrati, nel nostro caso l’area interessata dall’alluvione è di centinaia di chilometri quadrati. Come faranno 60 persone a star dietro a tutte le richieste di 45 comuni per circa 70.000 edifici colpiti?! Non è possibile. Questa cosa dà veramente l’idea che – voglio essere buono e non pensare ad altro – i problemi della Romagna siano stati presi sottogamba.”

alluvione Bagnacavallo 18 maggio

Se i cittadini non avranno risposte saranno portati all’esasperazione, e poi se la prenderanno con qualcuno…

“Sì, il rischio è che se la prendano direttamente con i territori, con chi li governa qui, mentre i sindaci sono – come hanno dimostrato – dalla stessa parte della barricata di coloro che hanno subito danni. Ma c’è anche un altro problema. Ora si sta intervenendo per cercare di recuperare il territorio, c’è preoccupazione per cosa accadrà con le prossime piogge di ottobre, novembre, dicembre. A Forlì Figliuolo ha dichiarato che gli interventi di somma urgenza devono andare avanti e verranno risarciti ai Comuni dal governo. Benissimo. È esattamente il contrario di quello che aveva detto il ministro Musumeci. Prendiamo atto che il governo ha cambiato idea. Ma speriamo che arrivino tutte le risorse necessarie, che per ora non ci sono.”

Di Area Vasta Romagna o di Provincia Romagna si parla da tanto tempo. Voi spingete in questa direzione perché dite che sostanzialmente l’organizzazione istituzionale e la politica debbono avere una dimensione di questo genere, superando vecchi campanili e le vecchie Province. Si sta muovendo qualcosa?

“No. I processi si sono fermati. Per ciò che è avvenuto negli ultimi due mesi la cosa è assolutamente giustificata. Ma il percorso va ripreso e secondo me dovrebbe andare in parallelo con l’elezione diretta dei Presidenti delle Province, pare si vada su questa strada: ci sono sette progetti di legge in campo e vanno tutti nella stessa direzione. Dovrebbe accadere con le prossime elezioni amministrative, quindi nel giugno 2024. Forse quella sarebbe l’occasione per pensare di eleggere i Presidenti nelle tre Province romagnole, ma avendo immediatamente dopo un accordo sottoscritto fra i Presidenti che preveda di attivare tutti gli strumenti per mettere le strutture delle Province all’interno dello stesso contenitore, con l’obiettivo per le elezioni successive di avere una Provincia unica della Romagna.”

Speriamo non accada più, ma l’alluvione ci ha dimostrato una volta di più che l’organizzazione del territorio – dall’economia alle infrastrutture alla sicurezza idrogeologica – va pensata unitariamente.

“Certo, i confini amministrativi non corrispondono né alle esigenze delle persone né alle cose che succedono tutti i giorni e noi in questo momento abbiamo bisogno giustamente di ripensare completamente questo territorio. Non possiamo che farlo tutti assieme, perché abbiamo visto che i danni non seguono le divisioni geografiche o amministrative.”

Veniamo a CMC, la grande cooperativa che a Ravenna è parte della storia della città. Da tempo si parla di una ipotesi per dare una risposta risolutiva alla crisi, ma negli ultimi mesi non si è saputo più niente. A che punto siamo?

“Il Presidente CMC Fioretti sta facendo un lavoro straordinario. Le novità sono positive, nel senso che CMC ha allargato la quantità dei lavori che sta svolgendo o svolgerà. Penso per esempio al tema della metrotramvia di Milano o al fatto che CMC partecipa al 13% alla società che dovrebbe realizzare il ponte sullo stretto di Messina. C’è poi tutta un’altra serie di impegni presi anche recentemente in altre aree del mondo. Quindi CMC continua a essere un brand molto significativo nel settore costruzioni. Nel frattempo c’è un percorso parallelo che non ha subito accelerazioni né rallentamenti e che dovrebbe metterci nelle condizioni – se ci riusciremo – di porre in sicurezza una cooperativa così importante non solo per Ravenna ma per l’intera Emilia-Romagna, perché è una parte della storia delle costruzioni di questo paese.”

Avete denunciato più volte negli ultimi anni un problema legato alla carenza di risorse umane, cioè figure professionali che non si trovano, adatte alla domanda delle cooperative o comunque delle attività economiche sul territorio. Si è mosso qualcosa o siamo sempre in emergenza?

“C’è un’emergenza clamorosa. In qualunque indagine si faccia, con qualunque impresa, di ogni dimensione di questo paese, o almeno nel nord Italia, il tema della difficoltà nel trovare il personale salta fuori. Succedeva anche quando eravamo nel punto più acuto della crisi energetica e dei costi fuori mercato dell’energia. Le imprese dicevano il primo problema per noi è l’energia, il secondo ma quasi alla pari del primo è il problema del personale. Noi abbiamo attivato strumenti di carattere operativo con un accordo con Randstad, costituendo una serie di Academy lo scorso anno. Abbiamo trovato 700 persone per le nostre cooperative, ma il fabbisogno in Romagna era di 2.800 persone. Quindi è una risposta straordinaria da un lato, ma ancora insufficiente, perché è solo un quarto di quello che sarebbe servito. Un primo timido segnale è arrivato dal governo, quando la settimana scorsa è stata rivista la quota degli extracomunitari che potranno venire a lavorare all’interno del nostro paese. Su questo va fatto un ragionamento serio, perché in questo paese non ci sono abbastanza italiani per le necessità di lavoro che ci sono.”

Cioè, non ci sono italiani che vogliono fare certi specifici lavori?

“No, non ci sono abbastanza italiani in generale. Abbiamo un problema demografico. Non c’è lavoro nel quale oggi non ci sia la necessità di figure professionali, vale anche per i lavori di gamma altissima e di gamma intermedia. Non si trovano figure anche dove viene assicurata un’alta retribuzione. Insomma non si trovano le persone. Servono politiche per l’ingresso di stranieri, percorsi di formazione qualificata e una nuova politica della casa. Il nostro territorio ha un po’ perso attrattività perché è difficilissimo trovare un’abitazione: quindi serve una nuova politica della casa rivolta ai giovani se vogliamo cercare di attrarli o trattenerli in questo territorio. Non possiamo permetterci di perdere neanche un giovane. Servono retribuzioni adeguate e case a prezzi accessibili per i giovani.”

A livello di retribuzioni alte, probabilmente c’è un problema di formazione, mentre a livello più basso, forse il problema è proprio la retribuzione. Noi abbiamo un grandissimo problema di salari in questo paese, tant’è che c’è una battaglia in atto proprio sul tema del salario minimo. I salari in Italia sono rimasti indietro rispetto ai paesi più avanzati d’Europa e c’è molto lavoro sottopagato.

“Peggio. Nell’ultimo anno i nostri salari hanno sostanzialmente perso una mensilità, perché l’inflazione ha portato a perdere ulteriore potere d’acquisto. Sui salari c’è un primo problema che riguarda i contratti non rinnovati. Vanno rinnovati e adeguati alle dinamiche economiche attuali. Dall’altro lato, per tutta una parte di servizi essenziali bisogna che il lavoro sia retribuito di più. Se non iniziamo a farlo perdiamo altre attività, mettiamo anche una fascia di persone sempre più ampia nelle condizioni di non avere nemmeno la capacità di andare a fare la spesa. Faccio notare un dato per tutti: negli ultimi mesi la tendenza per la grande distribuzione, tutta la grande distribuzione, è quella di vedere ridotti i volumi acquistati, cioè le persone vanno a comprare meno cose. E il settore maggiormente in crisi è quello dei discount. Cioè ci sono molte persone che già andavano al discount per spendere meno e che oggi non riescono neanche più a comprare quelle cose lì. Significa che questo paese si è impoverito moltissimo.”

Rispetto ai salari, sulle barricate da una parte ci sono i sindacati e dall’altra parte ci sono le imprese. Voi rappresentate imprese particolari, in forma cooperativa, ma siete imprese. Qual è la vostra posizione sul salario minimo?

“Noi in realtà ci riteniamo esattamente sulle stesse barricate in cui sono collocati i sindacati. Nel senso che pensiamo che l’esigenza di retribuire meglio e di più le persone è la stessa che abbiamo anche noi. Abbiamo bisogno di avere all’interno delle cooperative persone assolutamente motivate. Il salario minimo è una delle risposte. Ci sono contratti che non sono stati adeguati, facciamolo. Circa 3 milioni e mezzo di persone in questo paese hanno un salario minimo non garantito. Bene quello è una risposta, anche se non è l’unica risposta. Le risposte che vanno messe in campo sono tante.”

CMC foto Luca Rosetti

 

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