Giornate FAI di Primavera 2024: i monumenti aperti in provincia di Forlì-Cesena il 23 e 24 marzo foto

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Sabato 23 e domenica 24 marzo tornano le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese: 750 luoghi in 400 città saranno visitabili a contributo libero, grazie ai volontari di 350 delegazioni e Gruppi FAI attivi in tutte le regioni (elenco dei luoghi e modalità di partecipazione, consultabili su www.giornatefai.it).

“Sono 52 i luoghi che in ogni angolo della nostra regione saranno aperti al pubblico in occasione delle Giornate FAI di Primavera 2024. Noti o meno noti, tradizionali o contemporanei, nell’insieme compongono un meraviglioso e variegato mosaico di tessere diverse tra loro, fatte di storia e modernità, di colori e di avvenimenti, di archeologia, palazzi e natura, nel quale si snoda il racconto dell’Emilia-Romagna. A ciascuna è affidato il compito di rappresentare muri, terre, acque e persone del proprio ambito territoriale, attraverso la voce dei volontari e dei numerosissimi Apprendisti ciceroni, studenti delle Scuole superiori che aderiscono alle giornate. A loro e alle Delegazioni ed ai gruppi FAI che con immensa passione hanno lavorato per questa festa del patrimonio culturale regionale, ai proprietari pubblici e privati dei luoghi, ai professori e dirigenti scolastici va il nostro ringraziamento più sentito”. Così Carla Di Francesco, presidente FAI Emilia-Romagna.

Le parole del Presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano Marco Magnifico in occasione della XXXII edizione delle Giornate FAI di Primavera: “Raccontare il patrimonio culturale per educare la collettività a proteggerlo e a prendersene cura: da questa necessità nacquero nel 1992 le Giornate FAI di Primavera dando vita, e poi corpo, e poi forza ad una impressionante struttura di volontariato – le Delegazioni del FAI -, che con entusiasmo e pervicacia eccezionali in questi trentadue anni hanno aperto al pubblico 15.540 luoghi dimenticati o difficilmente visitabili raccontandoli, appunto, con semplicità e passione a ben 12 milioni e 515.000 di cittadini. Ai benefici di questo raccontare se ne è ora aggiunto un altro: quello della fisicità e del ruolo che essa ha per un vero apprendimento.”

Elenco completo dei luoghi aperti in EMILIA-ROMAGNA e modalità di partecipazione all’evento su https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/giornate-fai-di-primavera/i-luoghi-aperti/?regione=EMILIA%20ROMAGNA Il FAI raccomanda di controllare sul sito i giorni e gli orari di apertura prima della visita e se è necessaria la prenotazione. Verificare sul sito anche eventuali variazioni di programma in caso di condizioni meteo avverse.

Le Giornate FAI di Primavera chiudono la Settimana Rai dedicata ai Beni Culturali in collaborazione con il FAI. Dal 18 al 24 marzo, come ormai da oltre 10 anni, la Rai sarà in prima linea al fianco del FAI con tutti i canali radiofonici e televisivi e attraverso RaiPlay per creare un racconto corale che metterà al centro la bellezza e la sostenibilità del nostro patrimonio artistico e paesaggistico. Rai è Main Media Partner del FAI per sensibilizzare tutti gli italiani alla cura e valorizzazione del nostro Paese e supporta in particolare le Giornate FAI di Primavera 2024, anche attraverso la raccolta fondi solidale autorizzata da Rai per la Sostenibilità – ESG e promossa sulle reti del servizio pubblico.

IN PROVINCIA DI FORLÌ – CESENA

FORLÌ – CHIESA DI SANTA MARIA DEL FIORE

Santa Maria del Fiore Forlì

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Via Ravegnana 92, Forlì – Orari: Sabato 23 marzo: 09:00 – 13:00 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00) / Domenica: 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30) Nella mattina di domenica le visite sono sospese per celebrazioni religiose. Accesso da via A. Vespucci a fianco del Teatro “G. Testori”. 

La chiesa e il convento di Santa Maria del Fiore nascono come luogo di culto dedicato ai Santi Vito e Modesto con annesso ospedale in una zona un tempo in aperta campagna fuori delle mura di Forlì, sulla via Ravegnana, già strada molto frequentata.

Si hanno notizie dal 1160, ma l’impianto attuale si forma entro il 1634 anno in cui la chiesa viene detta Santa Maria del Popolo per l’affresco della Madonna con Bambino di forme Rinascimentali, ma probabilmente più antico e ridipinto. Nel 1717 la chiesa passa in gestione ai Signori della Missione e nel 1725 ai Trinitari, per poi diventare francescana nel 1822 in seguito al ripristino dopo le soppressioni napoleoniche. Nel periodo di chiusura la denominazione diventa incerta e passa nei documenti da “Santa Maria di Fuori”, allusione alla posizione fuori delle mura, a “Santa Maria dei Fiori”, per errata lettura o per maggior adeguatezza, cambiato poi in “Santa Maria del Fiore”, intendendo omaggiare il Cristo come Fiore del Creato.

Cinque-secenteschi sono gli affreschi absidali con Sibille e Profeti, delle scuole di Francesco Menzocchi e Giovanni Francesco Modigliani. L’intervento dei frati nel 1856-65 prevede la trasformazione della chiesa in senso francescano. Viene chiamato Pompeo Randi, pittore forlivese di grande perizia, che affresca varie tematiche con iconografie poco ricorrenti e con gusto romantico di matrice italiana. Morto Randi, due affreschi vengono completati da Alessandro Guardassoni, solido accademico bolognese. L’impianto, nonostante i diversi momenti realizzativi si dimostra integrato e custodisce al proprio interno preziosi tesori, come il Crocifisso ligneo di Scuola Siciliana e il tabernacolo, del XVII secolo.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – Durante le Giornate di Primavera 2024 sarà possibile usufruire della guida dei ciceroni del Liceo Artistico e Musicale di Forlì che illustreranno la complessa iconografia, poco conosciuta, delle decorazioni della chiesa. Sarà inoltre possibile in via del tutto eccezionale visitare gli ambienti del convento, addentrandosi nelle ex celle dei monaci dove, per l’occasione, sarà allestita un’esposizione di lavori a tema francescano realizzati dai ragazzi stessi.

FORLÌ – SEDE DELLA BANCA D’ITALIA

Banca d'Italia Forlì

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Corso della Repubblica 36, Forlì – Orari: Sabato 23 marzo: 9:00 – 12:30 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00) Ultimo ingresso al mattino ore 12:00 / Domenica 24 marzo: 9:00 – 12:30 / 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30) Gruppi di massimo 15 persone. I visitatori devono presentarsi con documento di identità.

Presente in città subito dopo l’Unità d’Italia, l’allora Banca Nazionale acquisisce nel 1868 un prestigioso palazzo situato in quello che era stato Borgo Cotogni, poi Borgo Pio e infine Borgo Vittorio Emanuele, asse viario principale sul quale la città moderna si espande verso est. Pur con varie ristrutturazioni degli spazi interni, l’edificio conserva l’elegante facciata originaria.

L’immobile oggi sede della Banca d’Italia è composto da vari corpi risalenti a epoche diverse, da cortili e da un giardino. Il palazzo viene costruito ai primi dell’Ottocento su disegno dell’architetto Luigi Mirri, e presenta la particolarità di due facciate contigue, entrambe sopraelevate e coeve, con finitura diversa ma sostanziale unità architettonica. Dopo l’acquisizione da parte della Banca avviene una prima ristrutturazione, corrispondente probabilmente alla sopraelevazione del prospetto. Nel secondo Dopoguerra si procede a un importante ampliamento e modernizzazione; ulteriori lavori di riordino generale degli spazi e di adeguamento alle rinnovate esigenze funzionali e operative vengono effettuati alla fine degli anni 80.

Le due facciate neoclassiche, unificate dal portico al pianoterra, sono molto diverse nella finitura e nella decorazione: quella di destra è più semplice, in mattoni faccia a vista, mentre la facciata di sinistra, ripartita da cinque arcate, si caratterizza per una articolata decorazione a rilievi architettonici e figurati: medaglioni tra le arcate, formelle con divinità classiche giacenti, opera di Antonio Trentanove, tra le finestre del primo livello, e 12 figure femminili ritratte in pose aggraziate nel piano d’attico. Negli interni nulla è rimasto della decorazione originale, che prevedeva un probabile intervento decorativo di Felice Giani. L’assetto attuale si caratterizza per gli eleganti rivestimenti marmorei del secondo Novecento.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – La visita prevede una descrizione della facciata di quello che viene individuato come Palazzo Romagnoli di Borgo Cotogni, mentre all’interno saranno visibili i locali del primo e secondo piano adibiti a uffici e spazi amministrativi insieme alla collezione d’arte della Banca, comprendente fra l’altro sei grandi pannelli in ceramica di Angelo Biancini, dedicati a temi della Romagna e dell’economia, un bassorilievo dello scultore Mario Bandini del 1942, “La madre del legionario”, realizzato dalla ditta Zaccagnini di Firenze, sei tele di Maceo Casadei dedicate a paesaggi e un “Tramonto romano” di Alberto Sughi, oltre ad ulteriori dipinti, sculture e vasi in ceramica di epoca contemporanea.

CESENA – CASA SERRA

Casa Serra Cesena

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Viale Carducci 29, Cesena – Sabato 23 marzo: 10:00 (unica visita) ore 15:00 – 16:30 (ultimo ingresso ore 16:30)

Renato Serra (1884-1915), laureatosi all’Università di Bologna con Giosuè Carducci, sarà direttore della Biblioteca Malatestiana dal 1909 al 1915. È un “lettore di provincia”, che dedica saggi e commenti a Verlaine, Rimbaud, Tolstoj, Nietzsche, Kipling, tuttavia la sua passione per la letteratura convive con un’indole svogliata, la quale però non gli impedisce di partecipare al vivace dibattito intellettuale del primo Novecento, attraverso la scrittura di numerosi saggi su riviste culturali.

In particolare, collabora con “La Voce”, dove pubblica vari testi di critica, si confronta con le correnti letterarie, interagisce con gli intellettuali più attivi della scena italiana. Sviluppa un fitto rapporto epistolare con Benedetto Croce, un carteggio distribuito, tra originali e copie, tra la Fondazione Croce di Napoli, la famiglia Serra a Bologna e la Biblioteca Malatestiana a Cesena. Frequenta inoltre, assieme ad altri amici intellettuali, la casa di Alfredo Panzini a Bellaria. Nel 1915, Serra scrive la sua opera più significativa, Esame di coscienza di un letterato, in cui prende una posizione molto critica contro la guerra e i suoi miti, biasimando l’enfasi retorica degli intellettuali che abbandonano la letteratura per fare propaganda.

Egli invece reclama il diritto a fare letteratura, a osservare il mondo con occhio critico e con un certo fatalismo: la guerra in realtà non serve a nulla, può cambiare i confini tra gli stati ma non lo spirito della civiltà. Ciononostante, la passione ha la meglio e porta Serra ad arruolarsi e a partire per il fronte. Morirà sul monte Podgora il 20 luglio 1915, a 31 anni non ancora compiuti. Le sue spoglie riposano nella cappella di famiglia nel cimitero di Cesena. La Casa Museo trova collocazione nella casa natale dell’illustre critico letterario cesenate. Il percorso espositivo si snoda attraverso sette ambienti che custodiscono i cimeli, i documenti, le immagini e le testimonianze della vita dello scrittore, inseriti in un allestimento che ricrea l’atmosfera domestica di una casa borghese di provincia. Sono conservati ed esposti i reperti militari, riconsegnati alla madre dopo la morte sul fronte a Podgora nel 1915, ma anche foto d’archivio ed edizioni originali dei libri e poi decori, mobilio e rifiniture architettoniche del periodo. Molte sono anche le opere d’arte che decorano le pareti, scelte a formare l’immagine ideale del mondo di Renato Serra e trasferite dai depositi della Pinacoteca Comunale.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – In occasione delle Giornate FAI di Primavera 2024, solamente per due aperture straordinarie, riapre la casa natale di Renato Serra, dal 2008 museo e luogo dedicato alla sua memoria. L’illustre letterato cesenate, direttore della Biblioteca Malatestiana, cadde il 20 luglio 1915 in combattimento a Pogdora (Gorizia), durante la seconda battaglia sull’Isonzo. La visita sarà occasione per ricordare l’intellettuale considerato dalla critica un paradigma della modernità e rappresenta l’evento conclusivo del progetto Wikimuseums Cesena, un progetto incentrato sulla diffusione di open data per la cultura e sulla partecipazione curato da Bam! Strategie Culturali con il supporto del Comune di Cesena e Wikimedia Italia, un progetto di cui la Delegazione FAI di Cesena è partner.

CESENA – PALAZZO GHINI

Palazzo Ghini Cesena

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Corso Sozzi 38, Cesena – ORARI Sabato 23 marzo: 10 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30) / Domenica 24 marzo: 10 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30) DURATA VISITA 40 minuti.

Fra le dimore storiche di Cesena, palazzo Ghini si caratterizza per l’impianto asimmetrico e lo sviluppo interno incompiuto. Fu commissionato nel 1680 dai fratelli Giacomo Francesco (1658-1719) e Alessandro Bruno Ghini (1659-1743) all’architetto cesenate Pietro Mattia Angeloni (1627-1701), un professionista che si era formato alla scuola romana di Francesco Borromini (1599-1667).

I fratelli Ghini erano discendenti di una nobile famiglia originaria di Siena, trasferita a Cesena e insediatasi in un’area acquistata nel 1621 da monsignor Giovanni II Ghini (1572-1648), tesoriere di papa Urbano VIII Barberini. La facciata in mattoni faccia a vista su Corso Sozzi ha una struttura semplice ma imponente il cui asse di simmetria è dettato dal grande portale centrale con arco a tutto sesto, mentre l’angolo è enfatizzato da un rivestimento bugnato liscio in pietra d’Istria recante a mezza altezza le insegne di papa Pio VI Braschi, accordato dal pontefice come privilegio al marchese Nicolo I Ghini (1725-1799) in nome della loro lunga amicizia. I punti di forza del palazzo sono però indubbiamente costituiti dal loggiato interno e dal salone del piano nobile.

Vi spicca un importante ciclo del pittore bolognese Giacomo Bolognini (1664-1734, avviato all’arte da uno zio che era stato allievo di Guido Reni), che vi eseguì – fra il 12 maggio 1719 e il 21 agosto 1721 – quindici quadri (uno ad olio su muro, il grande Prodigio di Servio Tullio nella culla; gli altri su tela) con soggetti storico mitologici e allegorici: Allegoria dell’Aria, Amor sacro colpisce Amor profano, Apollo e Dafne, Allegoria della Fama, Allegoria del Fuoco, Caccia di Diana, Lotta tra Apollo ed Ercole, Allegoria dell’Acqua, Visita notturna di Diana a Endimione dormiente, Ercole uccide l’idra dalle sette teste, Diana sul carro tirato da cavalli, Allegoria della Terra. L’ultimo erede del palazzo fu il marchese monsignor Ghino Ghini (1845-1927). Nel 1962 è stato acquistato dalla Diocesi per volontà del vescovo Gianfranceschi.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – Palazzo Ghini è una delle più rilevanti dimore storiche cesenati, racchiude cicli pittorici di grande importanza e la misteriosa storia di dipinti perduti e ritrovati.

CESENA – CHIESA DI SAN ZENONE

Chiesa San Zenone Cesena

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Contrada Uberti 6, Cesena – ORARI Sabato 23 marzo: 10 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30) / Domenica 24 marzo: 10 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30)

A Cesena nel corso dei secoli sono stati innalzati diversi edifici religiosi consacrati al culto di San Zenone. Il primo convento dedicato al santo, noto sin dal 1080 era situato fuori porta Cervese e proprio qui, nel 1300, vi fu collocata una reliquia del santo giunta da Verona. Solo successivamente sorse una seconda chiesa dentro le mura, detta San Zenone intus o anche San Zenone Nuovo, la quale sarà oggetto della visita FAI.

Dell’antica chiesa edificata dentro le mura oggi rimane solo il campanile in stile romanico lombardo, poiché nel 1574 la chiesa di San Zenone Nuovo fu oggetto di un importante restauro mentre, a causa del grave stato di abbandono, si dava inizio alla demolizione di San Zenone Vecchio. Dopo questo primo restauro San Zenone Nuovo presentava una struttura bassa, priva di simmetria, con l’interno a navata unica e caratterizzata dalla presenza di due altari, condizione che negli anni Sessanta del Settecento spinse il priore, don Matteo Malatesta, ad affidare un ulteriore restauro all’architetto Pietro Carlo Borboni (1720-1773), il quale portò a termine una delle sue realizzazioni più interessanti.

La chiesa, inaugurata nel 1771 dal priore don Giangregorio Gabrielli, presentava e presenta ancora oggi una facciata scandita da lesene laterali prive di capitello che concorrono all’effetto di slancio e linearità, presenta al centro un portale sormontato da un timpano triangolare ed è conclusa da un frontone triangolare aggettante. L’interno, mantenuto a navata unica, presenta ai lati due cappelle poco profonde sormontate da catini, mentre la zona absidale è sottolineata da un arco trionfale e da una cupola. Le pareti sono ritmate da lesene e da una trabeazione sopra la quale si aprono tre grandi finestre e si innesta la copertura a volta. La semplicità dell’interno è attenuata dall’apparato decorativo plastico e l’ambiente viene dilatato dalla luminosità e dalla composizione spaziale degli affreschi. La decorazione plastica si compone di ornamenti e di due statue in stucco poste dentro le nicchie ai lati dall’altare maggiore raffiguranti Sant’Andrea Avellino a sinistra e San Francesco di Paola a destra. Sull’altare maggiore si trova il dipinto di Andrea Mainardi (1652-1735) raffigurante “San Zenone vescovo”.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – La chiesa di San Zenone è una piccola perla nel cuore del centro Storico di Cesena, oggi aperta solamente in occasione di mostre ed eventi speciali, dove sarà possibile riscoprire l’opera settecentesca del pittore Giuseppe Milani e dell’architetto Pietro Carlo Borboni, tra i più attivi e interessanti nel panorama romagnolo dell’epoca.

CESENATICO – COLONIA AGIP

Colonia Agip Cesenatico

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Viale Carducci 183, Cesenatico – ORARI Sabato 23 marzo: 9:30 – 12:30 / 14:30 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30) / Domenica 24 marzo: 9:30 – 12:30 / 14:30 – 17:30 (ultimo ingresso 17:30) DURATA VISITA 60 minuti.

Nella primavera del 1937, la società AGIP affida all’Arch. Giuseppe Vaccaro l’incarico per la realizzazione di una colonia marina per ospitare i figli dei dipendenti nella cittadina di Cesenatico. Il progetto nasce dalle suggestioni di un paesaggio dominato dalla linea orizzontale, in un’area priva di altri connotati se non la presenza del mare, della spiaggia e di una strada.

Costruita nel tempo record di 8 mesi, la colonia AGIP si sviluppa su quattro corpi di fabbrica, con dimensioni complessive di metri 270 per 80: i corpi bassi di servizio posti all’estremo dell’area sono disposti ortogonalmente al mare per non intralciarne la vista, con un sottile piano orizzontale su pilotis che li raccorda e al centro il blocco centrale, con la direzione e i dormitori, si innalza su quattro piani. Forte è la caratteristica di simmetria, simbolicamente celebrata dal disegno del piazzale centrale con il pennone per l’alzabandiera, conclude verso mare il volume monopiano del refettorio.

Al piano terra del corpo principale, al centro della facciata, una nicchia a doppia altezza ospita un ambiente riservato per le funzioni religiose. Esternamente i portici fungono sia da collegamento tra i blocchi e al contempo creano cortili e passaggi per l’attività fisica e le manifestazioni ufficiali. Strutturalmente il corpo centrale è costituito da telai in cemento armato con pilastri lungo le pareti perimetrali, i corpi laterali sono in muratura e gli infissi delle grandi vetrate sono in legno. Tutto è impaginato all’interno di un rivestimento in lastre di cemento bianco, completano la scena i pavimenti negli spazi porticati al piano terra e quelli dei loggiati al primo piano realizzati con blocchetti di marmo bianco di Carrara a rettangolo. La colonia marina Agip conserva e continua tuttora la funzione di colonia estiva per i figli dei dipendenti dell’E.N.I, attività che fu interrotta solo per alcuni anni a causa del secondo conflitto mondiale. Nel 1950 la struttura venne inoltre utilizzata per ospitare i sopravvissuti all’alluvione del Polesine e, successivamente, ospitò i figli delle famiglie colpite nel disastro di Chernobyl.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – Sarà possibile scoprire l’essenza di una colonia marina storica, entrando negli spazi privati di un imponente edificio che, fin dal primo sguardo, sembra essere sospeso tra il litorale sabbioso e il mare. Partendo dal grande cortile centrale si percorrerà il loggiato del pian terreno, scoprendo i segreti celati all’interno della facciata principale, per poi addentrarsi all’interno del corpo principale della colonia. Dopo aver visitando il grande refettorio centrale si salirà ai piani superiori percorrendo una delle due grandi scale in marmo di Carrara, affacciandosi sul ballatoio e raggiungendo i dormitori che occupano gli ultimi due piani della colonia. Nei dormitori è possibile individuare i dettagli rimasti inalterati dopo quasi 90 anni di attività e lasciarsi incantare dalla vista panoramica che si apre dalle finestre a nastro. Si terminerà il percorso visitando il blocco laterale destinato ai servizi, in cui erano ubicati l’infermeria e il padiglione dell’isolamento.

SAVIGNANO SUL RUBICONE – MUSEO ARCHEOLOGICO DEL COMPITO E PIEVE

Museo Archeologico Savignano

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Via San Giovanni 7, Savignano sul Rubicone – ORARI Sabato 23 marzo: 10:00 – 17:00 (ultimo ingresso 17:00) / Domenica 24 marzo: 10:00 – 16:00 (ultimo ingresso 16:00) Domenica la pieve non sarà accessibile dalle 10:30 alle 13:30. DURATA VISITA 45 minuti.

Il Museo del Compito si colloca nel luogo dove in età romana sorgeva un piccolo abitato: col termine Compitum gli antichi erano soliti indicare un incrocio di strade pertanto la via Emilia si doveva in questo punto incrociare con un’altra strada che scendeva dalle colline. Chi risiedeva al Compito erano persone modeste, considerata la tipologia dei corredi rinvenuti nella necropoli rintracciata nel 1995, anche se, lungo la Via Emilia, dovevano essere collocate anche alcune tombe monumentali appartenute a personaggi di spicco.

A partire dal 1930 fu iniziata dal sacerdote Don Giorgio Franchini, cui oggi è intitolato il Museo, l’opera di raccolta dei materiali archeologici emergenti dai terreni del Compito, che trovarono una prima collocazione nei locali della canonica della Pieve di S. Giovanni. I ritrovamenti, col passare degli anni, si moltiplicarono e Don Franchini costituì una raccolta significativa, che contava al suo interno frammenti architettonici e scultorei, terrecotte figurate, centinaia di monete, bronzetti, vetri, ceramiche e reperti fossili e osteologici. Il Museo subì un grave furto nel 1978 e perdette molti dei suoi più importanti reperti. Chiuso per vent’anni, è stato riaperto al pubblico nel 1998, nell’attuale sede, a poca distanza dalla Pieve.

L’esposizione attuale segue un percorso cronologico puntuale, a testimonianza di una frequentazione dell’area già a partire dell’età preistorica. La vita in questa località si intensificò in età protostorica dato l’importante ritrovamento di 12 fornaci per ceramica dell’età del ferro, una delle quali è oggi musealizzata, le altre visibili ancora in situ. Il massimo sviluppo dell’abitato tuttavia si fa risalire all’età romana, tra la fine della repubblica e i primi due secoli dell’impero: il vicus del Compitum doveva essere dotato di vari servizi, probabilmente un luogo di culto, alcune locande, abitazioni, edifici pubblici e sicuramente una necropoli. L’abitato declina nel V/VI secolo d.C., quando la popolazione si rifugia nell’attuale area collinare di Castelvecchio. Tuttavia, come dimostrano le numerose tombe rinvenute in occasione di scavi di emergenza, non c’è mai stata una vera e propria soluzione di continuità nella frequentazione di questo luogo, che ebbe sicuramente dal VII secolo in poi un grossa importanza in ambito cristiano.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – Sarà possibile scoprire lo spazio museale del Museo del Compito e la Pieve di San Giovanni in Compito attraverso il racconto dei Giovani Ciceroni. All’interno del Museo Archeologico il percorso partirà dalle prime tracce di frequentazione della zona del Compito a partire dall’età neo-eneolitica (IV-III, millennio a.C.), passando per i reperti dell’età del ferro fino ad arrivare all’età romano repubblicana. Saranno inoltre presentati i ritrovamenti dei recenti scavi del 2018, comprendenti la tomba principesca di epoca preromana e la sepoltura della ricca compitana di età romana. Durante il fine settimana delle Giornate Fai sarà possibile visitare la vicina Pieve di San Giovanni in Compito, che da sempre è considerata il primo Museo del Compito, poiché sia in facciata sia all’interno compaiono diversi materiali antichi di reimpiego. Durante la visita sarà possibile osservare anche i pregevoli capitelli e l’acquasantiera di tipo cubico dell’XI secolo e sarà posta particolare attenzione ai materiali di recupero in essa contenuti quali frammenti di mosaico, vari elementi lapidei e la parte superiore di un letto funebre.

INIZIATIVE SPECIALI – Venerdì 22 marzo alle ore 20:45, Inaugurazione delle Giornate FAI di Primavera con Conferenza “La Basilica Sancti Petri. Dalle fonti scritte ai ritrovamenti archeologici” presso il Museo del Compito (evento libero fino ad esaurimento posti). Domenica 24, ore 17:00, Concerto della Scuola di Musica Secondo Casadei di Savignano sul Rubicone, presso la Pieve di S. Giovanni in Compito (evento gratuito).

SAVIGNANO SUL RUBICONE – PONTE CONSOLARE ROMANO

Ponte Romano Savignano

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Corso Vendemini 75, Savignano sul Rubicone – ORARI Sabato 23 marzo: 10:00 – 17:00 (ultimo ingresso 17:00) / Domenica 24 marzo: 10:00 – 16:00 (ultimo ingresso 16:00) DURATA VISITA 20 minuti.

Il ponte di Savignano sul Rubicone rappresenta da sempre uno dei vanti della città: fatto costruire da Augusto, esso venne terminato da Tiberio, esattamente come accadde per il ponte di Rimini, con il quale la struttura savignanese ha in comune anche la tecnica e il materiale costruttivi. Quando Cesare, di ritorno dalle Gallie, oltrepassò il confine del territorio romano pronunciando la famosa frase “Alea Iacta Est”, non si trovò però di fronte ad un ponte in muratura, ma ad un “ponticulum” come ci racconta Svetonio, probabilmente in materiale ligneo.

Fu Augusto, con la sua opera di propaganda politica basata sul potere dell’immagine, a voler impreziosire parte del nostro territorio con la costruzione, tra le altre cose, di un ponte monumentale sul fiume legato all’antico abitato romano del Compitum. Esso era attraversato dalla Via Emilia, che proseguiva per quello che oggi è il centro storico di Savignano. Per la costruzione del ponte venne utilizzata una pietra giallo-biancastra, proveniente dalla cava di Aurisina, vicino a Trieste, nell’Istria: la stessa pietra costituiva le tre arcate, le due pile, i parapetti e il selciato di attraversamento della struttura.

La tecnica costruttiva utilizzata fu quella dell'”opus quadratum”, che prevedeva l’accostamento di grossi conci lapidei senza l’utilizzo di un legante ma con il solo ausilio di grappe metalliche. I piloni del ponte assumevano la forma di dietro acuto nella parte a monte del fiume, con la funzione di “frangiflutto e poggiavano su una platea di fondazione, anch’essa realizzata con preziosi marmi policromi. Il ponte così come ci appare oggi è il frutto di numerose modifiche avvenute nei secoli, a partire da quando nel 1300 circa, Savignano subisce il fenomeno dell’incastellamento e viene circondata da una cinta muraria: proprio sul ponte era collocata una delle uniche due porte di accesso al castrum. Nel 2005 è stato effettuato un lavoro di restauro che ha provveduto a ricostruire i parapetti in laterizio e a ripulire i conci riportando la pietra d’Aurisina alla tonalità originaria.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – Il più antico monumento ed il simbolo stesso della città di Savignano. In un racconto che a partire dalla sua realizzazione ne racconta le fasi di modifica e trasformazione: infatti quando Cesare, di ritorno dalle Gallie, oltrepassò il confine del territorio romano pronunciando la famosa frase “Alea Iacta Est”, non si trovò però di fronte ad un ponte in muratura, ma ad un “ponticulum” come ci racconta Svetonio, probabilmente in materiale ligneo.

CIVITELLA DI ROMAGNA – ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI

Oratorio San Filippo Neri

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Via Farnetti 2, Civitella di Romagna – ORARI Sabato 23 marzo: 9:00 – 13:00 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso al mattino ore 12:30 – ultimo ingresso 17:00) / Domenica 24 marzo: 9:00 – 13:00 / 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso al mattino ore 12:30 – ultimo ingresso 17:30) DURATA VISITA 30 minuti.

L’oratorio di San Filippo Neri, in genere chiuso, è situato a Civitella di Romagna, un piccolo centro delle colline romagnole a circa 30 km da Forlì e a 40 km da Cesena. Giungendo a piedi dal nucleo antico del borgo, lasciata a sinistra la chiesa di S. Maria del Borgo, si prosegue per una strada rettilinea in leggera salita, tra due file di vecchie case con portali di pietra. Quasi alla fine dell’abitato, dopo circa duecento metri, si giunge alla chiesetta, che funge da sfondo prospettico della strada.

L’oratorio fu costruito nel 1671, dopo il terremoto di Civitella, per iniziativa del sacerdote don Innocenzo Calbetti, circa venticinque anni dopo la fondazione della Congregazione di San Filippo Neri a Forlì. Il nipote di Innocenzo, monsignor Giovanni Paolo Calbetti, vescovo di Sarsina, restaurò e abbellì il tempietto nel 1753.

L’oratorio si inserisce fuori dal vecchio nucleo del paese, lungo la strada provinciale 76 che porta verso collina. La strada è conosciuta per portare al “monte delle ruote”. La costruzione è molto semplice ma elegante per le proporzioni della facciata, sormontata da un timpano. L’interno è abbellito da stucchi sulla volta ed è dominato visivamente dall’altra sul quale si trova un dipinto di anonimo del XVIII secolo che raffigura San Filippo Neri.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – La visita prevede l’ingresso all’interno della piccola chiesa, tuttora chiusa al pubblico, con una descrizione della storia e dei beni artistici. La visita alla chiesa fa parte di un itinerario a piedi per le vie del paese, che prevede anche la visita al nucleo antico, o Castello, con la chiesa di S. Antonio, aperta in occasione delle giornate FAI. L’apertura del bene vuole sensibilizzare proprio l’attenzione verso un territorio che rischia di essere abbandonato.

CIVITELLA DI ROMAGNA – CHIESA DI SANT’ANTONIO

Chiesa di Sant'Antonio Civitella

(NON È RICHIESTA PRENOTAZIONE) Piazza Sant’Antonio 3, Civitella di Romagna – ORARI Sabato 23 marzo: 9:00 – 13:00 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso al mattino ore 12:30 – ultimo ingresso 17:00) / Domenica 24 marzo: 9:00 – 13:00 / 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso al mattino ore 12:30 – ultimo ingresso 17:30) DURATA VISITA 30 minuti.

La chiesa di S. Antonio è situata a Civitella di Romagna, un piccolo centro delle colline romagnole, a circa 30 km da Forlì e a 40 km da Cesena. Il borgo sorge alle pendici del colle Girone, dove la vallata del fiume Bidente si restringe. L’edificio si trova nell’antico nucleo del borgo, il cosiddetto Castello, ancora cintato dalle mura medievali. Il primo castrum di Civitella, in latino Civitatula, risale all’anno 1037. Fu un possedimento dei Conti Severi di Giaggiolo fino al 1276, quando passò ai Manfredi di Faenza e poi ai Malatesta.

La chiesa di S. Antonio era in origine l’edificio religioso del Castello, il nucleo più antico di Civitella di Romagna. La chiesa fungeva da parrocchiale del paese, fino a quando, agli inizi del XVI secolo, parrocchia e titolo furono trasferiti alla chiesa dell’antico ospedale di S. Michele. A seguito del trasferimento la chiesa divenne quindi la sede della Compagnia di Sant’Antonio. Fu ricostruita dopo i danni subiti dal terremoto del 1661 per iniziativa dei fratelli Domenico e Bartolomeo Collinelli, il primo sacerdote, il secondo medico. I lavori terminarono molti anni dopo, nel 1728. In seguito ad essi l’interno della chiesa assunse l’attuale stile barocco.

L’esterno della chiesa si presenta estremamente semplice e sobrio mentre l’interno, in stile barocco e a navata unica, è elegante e di notevole pregio artistico. La navata culmina con un soffitto a volta. Gli stucchi sono di Antonio Martinetti, artista svizzero attivo in Romagna nel corso del Settecento. Sull’altare maggiore, disposto a parete, vi è una tela settecentesca dipinta a olio, di scuola romana, che raffigura la Vergine con il Bambino e Sant’Antonio da Padova. Sono presenti altri due dipinti a olio nei due altari laterali: il primo rappresenta S. Francesco che riceve le stimmate e il secondo la Madonna del Carmine con il Bambino insieme a Santa Teresa e San Luigi Gonzaga.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI? – La visita prevede l’ingresso alla chiesa, normalmente chiusa al pubblico. Si potrà ammirare l’interno con le tre opere pittoriche e la statua della Madonna del Carmine. La visita alla chiesa fa parte di un itinerario per le vie del Castello, l‘antico nucleo di Civitella cinto da mura. La camminata potrà proseguire con la visita a un altro bene appositamente aperto in occasione delle giornate FAI, l’oratorio di San Filippo Neri, a 5 minuti da S. Antonio. A Civitella è anche presente il bel santuario cinquecentesco della B.V. della Suasia. La visita al territorio di Civitella può proseguire con la rocca e la chiesa di Giaggiolo, altri beni aperti appositamente. I due beni si trovano sul crinale tra la valle del Bidente e quella del Savio e possono essere raggiunti in auto dal borgo con una strada tortuosa che si inerpica attraverso un bel paesaggio collinare.

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